Se dici “NO” aiuti il tuo bambino a crescere

Se dici  “NO” aiuti il tuo bambino a crescere

 

I "no" sono indispensabili alla crescita di un bambino, ma spesso non riusciamo a dirli per paura

  • di ferirlo
  • di apparire indisponibili 
  • perché abbiamo timore del conflitto

Prima c'era l'educazione autoritaria ora la supremazia del figlio

L’ambito familiare non deve essere solo armonico e affettivo, con genitori e figli perfetti. Nel nel Novecento dopo secoli di relazioni familiari di prospettive  di garanzie , dove i figli  assicuravano la discendenza o il sostentamento economico.

I rapporti erano fondamentalmente regolati dal padre autoritario che puniva e stabiliva  i sì e i no:i bambini crescevano vessati e costretti dentro a no tassativi che generavano sensi di colpa o paura.

Finita l’epoca autoritaria, la prospettiva è diventata più materna: concentrata sulla cura, l’accudimento, il figlio posto al centro.

Si realizza una sorta di supremazia del figlio sul genitore, che per timore di ferire, procurare qualche danno allo sviluppo, ma anche soprattutto per timore del conflitto, compromettere la relazione con i figli, abdica al proprio ruolo educativo.

DIFFICILE dire “no” PERCHE' ABBIAMO PAURA DI

Far soffrire i nostri figli, confondendo sofferenza e frustrazione, magari dimenticando che ciò che può davvero ferirli è la sensazione e lo spaesamento di accorgersi che tutto quello che vogliono o chiedono è sullo stesso piano, indifferente, anche quando ha poco senso.

La percezione che non ci si mette in ascolto profondo dei bisogni del figlio se tendo a soddisfare indifferentemente tutti quelli che affermi di avere.

Oppure rischiamo, con questo atteggiamento di condiscendenza, di alimentare illusioni di onnipotenza  (come permettere una situazione non adeguata all'età ad es.) che nello sviluppo possono diventare davvero problematiche

Non si vuole apparire poco disponibile.

Siamo convinti che i figli abbiano bisogno di tutto il nostro tempo, mentre serve una misura alla disponibilità, che cambia con le diverse fasi della vita e che permette ai figli di fare la loro parte.

Las paura della separazione  può accadere risulti difficile separarsi, anche simbolicamente con un no, che però comporta un cambio di posizione, un distacco.

I genitori in difficoltà a reggere la propria posizione di adulti che indirizzano, rassicurano, regolano, influenzano, attribuiscono a queste azioni un effetto sul proprio figlio, derivano da una matrice infantile e li costringono a continuare a occuparsi di sé, delle proprie esperienze infantili nel tentativo di riscattarle e bonificarle.

 

La paura di entrare in conflitto col proprio figlio

E' faticoso affrontare le lamentele, le richieste estenuanti, i capricci, le tensioni, le urla, ma, al di là di questo, fanno fatica a gestire la solitudine che deriva dal dire no.

I conflitti implicano un elemento di

  • separazione
  • alterità 
  • distanza

che mette fine all’illusione di realizzare un’unità fusionale non conflittuale.

In realtà non li ascoltiamo per preservare l’equilibrio della relazione col rischio di non metterci in gioco. Dire no significa allora entrare in contatto, riconoscere che oltre a noi esiste anche l’altro. Ma il no è anche conflittuale: sostiene il rapporto e ne accetta le complicazioni, non rinunciandovi neanche in caso di contrasto.

Questi no servono a mantenere aperta la relazione con i figli senza subirla.

Si tratta di no che nascono da un progetto educativo chiaro, e condiviso, consentono di dare un’informazione precisa: “No, non è il momento …”, “No, questo non puoi farlo …”,

Il no ha una funzione regolativa e di indirizzo che si integra bene con la componente affettiva e di legame con i figli

La conflittualità, i litigi, ci permettono di accorgerci che il gioco sta funzionando e che noi genitori siamo al posto giusto.

 

LE DIVERSE FASI DELLA CRESCITA

I no che servono alla crescita Sono diversi a seconda dell’età

  • Nella prima infanzia il no è quello del divieto. Il bambino o la bambina comincia a esplorare il mondo e incontra pericoli o attiva comportamenti che vanno educati.  Questi no, detti in modo chiaro, immediato e rassicurante, aiutano i bambini a costruirsi una segnaletica nel loro muoversi nello spazio. Sono semplici non richiedono numerose  spiegazioni

 

  • Tra la prima e la seconda infanzia i no sono quelli del limite. Si tratta di un’età in cui progressivamente la centratura sul sé del bambino si evolve nelle relazioni tra i pari e nel rapporto con la realtà anche scolastica. In questa fase i no arginano e danno misura alle energie e alla sensazione di onnipotenza sul mondo. Sono no che producono frustrazione, fondamentali cogliere i limiti delle proprie possibilità e attivare risorse e competenze. Imparare a gestire la frustrazione che nasce dall’incontro con l’altro è una capacità fondamentale per il futuro.

 

  • Nella seconda infanzia e nella preadolescenza il no è quello della regola: la bussola per orientarsi nel mondo. Si tratta di un no che punta verso l’autonomia. Ogni volta che diamo una regola creiamo uno spazio di separazione e definiamo degli ambiti di esercizio della libertà, consentendo lo sviluppo dell’autonomi

 

  • Nell’adolescenza invece il no è quello della resistenza. È un no che serve ai ragazzi per scoprire e portare avanti il proprio progetto di vita. Si tratta di mettere filtri E vincoli,  perché la spinta verso l’autonomia non si tramuti in fuga da se stessi, ma anche di aiutarli ad accorgersi di ciò che davvero si sta facendo. È un no difficile e si manifesta spesso attraverso la conflittualità e richiede coraggio e capacità di interrogare e interrogarsi per mettersi davvero in ascolto dei nostri figli. Non possono più esserci “no” imposti o calati dall’alto ma una negoziazione e la capacità di lasciar andare.

Ciascuno è legato ai propri meccanismi di cui spesso non si accorge e di cui fatica a liberarsi.

Quante volte abbiamo la certezza che stiamo sbagliando eppure non riusciamo a fare diversamente?

Ogni volta che diciamo di no permettiamo ai bambini e ai ragazzi di cercare, di scoprire, di usare le loro risorse e lo stesso avviene per noi: utilizzare un no difficile ci attiva in prima persona, di metterci del proprio, di scardinare meccanismi e dinamiche poco funzionali all’educazione loro e all’evoluzione nostra.

Il no determina uno spazio tra noi e nostri figli che non possiamo controllare e conoscere.

Una separazione che è sinonimo di autonomia. Senza separazione, senza la distanza che deriva da una decisione educativa, i nostri figli non possono crescere e diventare grandi. Il no è un buon contributo a questo progetto!

COERENZA e strategie comunicative

Saper dire "no" è altrettanto importante che saper dire "sì",

Hanno una fondamentale funzione regolativa, entrambi sono essenziali alla crescita: grazie a essi infatti offriamo loro delle informazioni chiare che gli consentono di orientarsi nel mondo e regolare la propria condotta.

Comunicare CORRETTAMENTE

Strategie comunicative prescelte.Tanto i “sì” quanto i “no” possono essere pronunciati in maniera ESPRESSIVA rispettosa e pacata.

Può sembrare difficile mantenere il controllo espressivo in determinate situazioni, ma una voce calma ma ferma e decisa è assai più efficace di qualsiasi sgridata.

Perchè diamo al bambino la possibilità di ascoltare con attenzione ciò che diciamo, trasmettendo contemporaneamente tutta la serietà del messaggio mediante il tono di voce utilizzato.

Attenzione:  quello pronunciato deve essere sempre un “no” a uno specifico comportamento/richiesta, e mai alla relazione.

Salvaguardare il legame con il bambino, anche nelle situazioni di stress o di conflitto, permette di mantenere attivo quel collegamento a lui indispensabile per sentirsi compreso (pur se “ostacolato”) e di superare così la frustrazione momentanea, nella certezza di essere sempre amato.

Evitare gli eccessi

Se il bambino si sente rivolgere continui dinieghi si rischia di perderne il valore.

Non andrebbero detti “no”  in maniera automatica o arbitraria. Nella vita quotidiana la stanchezza, i ritmi frenetici e gli impegni non sempre consentono di avere il tempo per soffermarsi quanto necessario ad agire con la dovuta consapevolezza.

Si finisce così per porre più o meno forti divieti, che però spesso (magari a seguito delle insistenze del bambino e del senso di colpa da esse scaturito) finiscono per tramutarsi in breve tempo in concessioni.

Se l’adulto stesso non è sicuro delle ragioni del “no”, come può sostenerlo di fronte al bambino? Invece di rispondere in maniera automatica, sarebbe bene concedersi qualche istante e chiedersi: «Cosa mi spinge a dire di sì/no alla sua richiesta?».

A determinare la risposta dovrà essere non tanto l' accontentare il bambino, quanto un’ analisi del contesto, delle competenze di cui egli è in possesso e della eventuale, reale, pericolosità dell'azione.  

Meglio riservare il “no” per quei momenti in cui esso è davvero necessario.

Non temere le reazioni negative 

Non è possibile impedire che i bambini reagiscano in maniera negativa di fronte al no

MA  è possibile sostenerli nell’accettare il sentimento che ne deriva, utilizzando un linguaggio empatico, fermo ma rispettoso, mai aggressivo. 

A far mutare i “no” in “sì” e viceversa sarà la consapevolezza che il bambino ha compiuto dei progressi e può quindi gestire la situazione

 Prima di esprimersi è sempre bene che il genitore abbia un’idea chiara di ciò che può essere permesso e di cosa, invece, non può essere concesso.

In generale i genitori possono discutere di questo a priori, lavorando molto anche alla predisposizione dell’ambiente del bambino, affinché sia sicuro e a sua misura (limitando così la necessità di continui “no”).

È bene che i limiti stabiliti, per quanto possibile, siano mantenuti fissi nel tempo e condivisi da tutte le persone che si occupano di accudire il bambino

 

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